Libano, padre Marun: il Papa ci ha dato coraggio, la pace è un impegno per ognuno di noi
Jean-Charles Putzolu – inviato in Libano
All'indomani del primo viaggio apostolico del Pontefice in Turchia e Libano, la Chiesa locale e l'intero popolo libanese si confronta per metabolizzare queste intense giornate con il Successore di Pietro. La sfida è fare leva sulle forze sane del Paese che desiderano il bene per tutta la regione mediorientale. Sulle prime impressioni della visita papale la testimonianza di padre Majed Marun, sacerdote maronita:
Cosa resta nel cuore?
Resta una grande emozione per tutti i libanesi. La visita al porto di Beirut, dove c'erano i familiari delle vittime, abbiamo visto il Santo Padre con un volto umano, pieno di amore e di tenerezza. È toccante, alcuni miei colleghi hanno pianto al vederlo.
Prima di lasciare il Libano, in particolare alla Messa, il Papa ha parlato a tutti i libanesi, non solo ai cristiani...
Certo, direi che parla a tutto il mondo, soprattutto a tutto il Medio Oriente e che ora tutti vogliamo la pace. Ecco, questo messaggio di pace e amore, di una verità umana e cristiana.
Ma adesso i libanesi cosa devono fare per costruire una pace tanto auspicata?
La pace è un impegno personale. Sì, il Santo Padre, la Chiesa, i vescovi, i sacerdoti e tutti gli uomini di buona volontà la insegnano ma è un impegno personale per ciascuno, molto importante.
C'è poi la questione dei poveri. Una gran parte dei libanesi vive una situazione veramente disagiata. C'è speranza per loro?
Certamente, dopo tutte queste crisi - quella economica, l'esplosione del porto, la pandemia, il fallimento di tutte le banche - abbiamo una grande povertà. Allo stesso tempo abbiamo anche una grande speranza per il futuro perché ci sono delle persone che stanno lavorando per il bene.
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