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Un momento della Marcia per la Pace da Perugia ad Assisi con le bandiere della Palestina e di Israele unite. (Ansa/Gianluigi Basilietti) Un momento della Marcia per la Pace da Perugia ad Assisi con le bandiere della Palestina e di Israele unite. (Ansa/Gianluigi Basilietti)

Quella spinta dal basso per la pace, la Marcia Perugia-Assisi 2025

La vasta partecipazione alla manifestazione conferma la mobilitazione popolare senza precedenti per il conflitto in Medio Oriente. “Gaza ha risvegliato la coscienza civile”, afferma il cardinale Pizzaballa, invitando a non disperdere l’energia morale nata dall’opposizione alla guerra. Dalle piazze e dai giovani emerge una nuova consapevolezza che ricorda le parole di Paolo VI: “La pace vive delle adesioni, sia pure singole ed anonime, che le persone le danno”

Fabio Colagrande - Città del Vaticano

Oltre 200 mila persone, secondo gli organizzatori, arrivate da tutta Italia, e da 35 Paesi del mondo, hanno partecipato, con la benedizione di Papa Leone XIV, alla Marcia Perugia-Assisi di domenica 12 ottobre. L’edizione di quest’anno, una delle più partecipate di sempre, sembra confermare una tendenza emersa da settimane: in Italia e non solo, una parte significativa della società civile, pur tra contraddizioni e critiche, continua a mobilitarsi per la pace e soprattutto per il conflitto in Medio Oriente. Il lungo cammino partito da Porta San Girolamo a Perugia e concluso alla Rocca Maggiore di Assisi, con le bandiere di Palestina e Israele legate insieme, ha raccolto infatti una partecipazione ampia e trasversale, con la presenza di rappresentanti politici, sindacali e religiosi. Dai messaggi diffusi lungo il percorso — fratellanza, dignità umana, ripudio della guerra — è emersa ancora una volta la volontà di non restare in silenzio davanti al massacro di Gaza.

Una spinta autentica

Nell’ultimo mese, in Italia, oltre mezzo milione di persone avevano partecipato a manifestazioni e scioperi per la pace e di denuncia dell’eccidio di decine di migliaia di persone, dal 7 ottobre 2023, nella Striscia di Gaza. Anche in Europa, milioni di persone hanno preso parte a manifestazioni in diverse capitali e grandi città. Non tutti, anche nel mondo cattolico, hanno condiviso queste iniziative. C’è chi le ha considerate inutili, temendo che sfociassero in ideologia o strumentalizzazioni. In alcuni casi, rari ma reali, episodi di violenza, tensione e intolleranza hanno offuscato il loro senso originario. Eppure, accanto alle ambiguità e ai limiti, si è intravista una spinta autentica: quella di chi crede ancora che il disarmo cominci dalle coscienze.

Parolin: “Prendere sul serio il desiderio di pace”

Nel colloquio dei giorni scorsi con i media vaticani, il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, commentando la guerra a Gaza, ha definito "inaccettabile e ingiustificabile ridurre le persone umane a mere vittime collaterali", aggiungendo che lo aveva colpito "positivamente la partecipazione alle manifestazioni, e l’impegno di tanti giovani". "Dobbiamo prendere sul serio quel desiderio di pace, quel desiderio di impegno — ha aggiunto — ne va del futuro del nostro mondo". Parolin non ha idealizzato la piazza, ma ha riconosciuto che la partecipazione civile è parte integrante della responsabilità dei credenti e dei cittadini: pregare e impegnarsi non si escludono.

Pizzaballa: “Gaza ha risvegliato la coscienza civile”

Dal Patriarcato latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa ha, dal canto suo, ricordato in un’intervista al quotidiano La Repubblica che "l’opposizione a questa guerra ha creato un senso di comunità, di partecipazione, di unità a prescindere dalle diverse appartenenze e generazioni, che penso sia qualcosa da non lasciare andare". "Gaza — ha aggiunto il Patriarca dei latini — ha risvegliato la coscienza civile. Una cosa che avevamo dentro ma a cui non pensavamo mai: la dignità, il rispetto, l’idea che ci sono linee rosse che non si devono superare". "Spero che questa energia, questa moralità — ha concluso — non vada perduta. Mi auguro che ci siano leadership in grado di farsene carico". Pochi giorni dopo, al Corriere della Sera, commentando l’accordo per una tregua a Gaza, Pizzaballa ha affermato che "le pressioni internazionali, anche quelle popolari, hanno avuto un effetto sulle parti. Si è aperto uno spiraglio che non ha precedenti: bisogna entrarci e cercare in ogni modo di allargarlo".

Una pressione morale che cambia le cose

Le grandi manifestazioni italiane e internazionali, pur tra limiti e divisioni, hanno espresso dunque una consapevolezza nuova. Una parte della società, anche occidentale, ha scelto di stare dalla parte del diritto internazionale e della difesa della vita. Dalla Striscia di Gaza, la scrittrice palestinese Eman Abu Zayed ha scritto che le immagini delle piazze italiane "hanno regalato un sorriso" a chi vive sotto le bombe, perché hanno fatto sentire che "non siamo soli". È quella stessa "pressione delle coscienze" che ha contribuito, come ha osservato più di un analista, a rendere più concreto l’accordo di tregua: un soffio collettivo che ha ricordato ai potenti e alla diplomazia che l’opinione pubblica mondiale non accetta più la guerra come inevitabile.

 Folla e bandiere alla Marcia della pace Perugia-Assisi
Folla e bandiere alla Marcia della pace Perugia-Assisi   (ANSA)

Il segno di un mutamento culturale

In molti giovani che sfilano nelle piazze o si espongono sui social per la pace c’è il segno di un mutamento culturale. Come ha affermato lo scrittore italiano Alessandro Baricco, Gaza è diventata "la definizione di un limite, la linea rossa che molti hanno scelto come confine invalicabile". È la consapevolezza che non si può più tornare al linguaggio della forza, e che difendere la dignità delle vittime non è un gesto politico ma umano. Parole che ricordano quelle del sacerdote fiorentino don Elia Carrai che ha scritto su L’Osservatore Romano "mi domando se non sia forse decisivo (…) lasciarci provocare dal fatto che questi ragazzi e ragazze, davanti alle immagini dello straziante stillicidio in Palestina che li raggiungono sui social, non siano indifferenti". "Noi adulti — aggiungeva — siamo disposti a guardare veramente e a fare i conti con il desiderio di giustizia e di bene che vivono questi ragazzi?".

La pace come adesione quotidiana

"La pace vive delle adesioni, sia pure singole ed anonime, che le persone le danno", scriveva San Paolo VI nel Messaggio per la Giornata mondiale della Pace del 1974. "Essere “artigiani di pace” — afferma Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti — significa saper seminare, con umiltà, piccoli gesti che generano speranza e custodire il dono della pace, che è sempre fragile e prezioso". Il cessate il fuoco a Gaza non è la fine della guerra, ma il suo inizio possibile. È fragile e provvisorio, ma segnala che la stanchezza dei popoli può trasformarsi in forza morale. Le piazze, le marce e le iniziative come la Global Sumud Flottilla non sono bastate certo da sole a cambiare il corso della storia. Ma hanno ricordato che la pace non si costruisce soltanto nei palazzi delle cancellerie internazionali, bensì nei luoghi dove le persone comuni — credenti e non — decidono di non voltarsi dall’altra parte.

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13 ottobre 2025, 16:51