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Il cacciatorpediniere USS Gravely della Marina degli Stati Uniti naviga al largo delle coste di Trinidad e Tobago Il cacciatorpediniere USS Gravely della Marina degli Stati Uniti naviga al largo delle coste di Trinidad e Tobago 

Tensioni tra Usa e Venezuela: colpita un’altra imbarcazione di presunti narcotrafficanti

Nuovo raid dell’aeronautica statunitense contro una nave a largo del Mar dei Caraibi sospettata di essere dedita al traffico di droga: nell'operazione di sabato uccise 3 persone

Silvia Giovanrosa - Città del Vaticana

Il segretario della Guerra, Pete Hegseth, lo ha annunciato con un post sul social X: l'operazione, diretta da Trump e condotta in acque internazionali, ha preso di mira un'imbarcazione "nota per il trasporto di stupefacenti lungo una rotta di contrabbando", nel raid sono rimaste uccise 3 persone che erano a bordo. Hegseth ha spiegato che l’imbarcazione era sotto il mirino dell’intelligence americana che l’ha identificata come coinvolta nel traffico di droga: anche le vittime, ha detto, erano note per essere “narcoterroristi”. Le dichiarazioni di Hegseth sottolineano il dato che i raid sono avvenuti in acque internazionali, quindi al di fuori della giurisdizione statale, e che l’operazione è volta a smantellare il traffico di stupefacenti e garantire la sicurezza degli Stati Uniti.

L’inizio delle operazioni militari

Le azioni militari volute da Washington sono iniziate lo scorso settembre e hanno causato finora la morte di oltre 62 persone. L’ obiettivo dichiarato dagli Usa è quello di prendere di mira le reti del narcotraffico. Ad inizio settembre il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aveva inviato circa 4.500 soldati e F35 nelle acque territoriali venezuelane, aprendo una lenta escalation di azioni militari. Caracas in una nota aveva definito l’operazione Usa “una provocazione diretta, attraverso l’uso illegale di mezzi militari sproporzionati” volta a “giustificare un escalation bellica nei Caraibi” e a “insistere nella politica, fallimentare e respinta dallo stesso popolo statunitense, di un cambio di regime” in Venezuela. Attualmente anche lo Stato di Trinidad e Tobago ha posto il suo apparato militare in "massima allerta" e ha ordinato alle truppe di rientrare nelle caserme.

La legge americana del 1973

La War Power Resolution, approvata da entrambe le Camere nel 1973, stabilisce che l’impiego delle forze armate statunitensi sia soggetto all’approvazione del Congresso. Entro 60 giorni, il presidente deve dismettere l’uso delle forze armate qualora il Congresso non abbia approvato una dichiarazione di guerra o dato una specifica autorizzazione. Attualmente l’amministrazione Trump non ha chiesto alcuna autorizzazione al Congresso: il capo dell'ufficio legale del dipartimento della Giustizia, Elliot Gaiser, avrebbe dichiarato che agli attacchi contro i narcotrafficanti non si applicherebbe la risoluzione.

Il dispiegamento delle forze armate

Il Pentagono ha già dispiegato nel Mar dei Caraibi la sua più avanzata portaerei con navi dotate di missili da crociera Tomahawk. Negli ultimi giorni, bombardieri B-52 e B-1 hanno effettuato missioni di ricognizione vicino alle coste venezuelane, in quella che appare come una prova generale di forza. Trump ha inoltre confermato di aver autorizzato la Cia a condurre "azioni sotto copertura" nel Paese, senza però specificarne la natura. La settimana scorsa il Pentagono ha confermato la presenza della portaerei Ford nella regione e voli di due bombardieri B-1 vicino alle coste venezuelane.

Le reazioni di Trump e Maduro

Il presidente Trump, in un'intervista all'emittente televisiva Cbs News, ha dichiarato di non avere intenzione di procedere ad una guerra contro il Paese sudamericano sebbene il leader venezuelano Nicolás Maduro “abbia i giorni contati”. Dal canto suo, Maduro si sarebbe rivolto a Russia, Cina e Iran chiedendo assistenza militare. Secondo "The Washington Post", che cita alcuni documenti raccolti dal governo statunitense, Maduro avrebbe inviato questo mese una lettera a Putin, chiedendo forniture militari. Il governo di Caracas avrebbe contattato inoltre Pechino e Teheran, chiedendo "attrezzature e assistenza per rafforzare le difese del Paese". 

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03 novembre 2025, 09:02