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Donne sfollate in attesa del cardinale Parolin vicino Pemba Donne sfollate in attesa del cardinale Parolin vicino Pemba  (AFP or licensors)

Mozambico senza pace, peggiorano le condizioni degli sfollati nel nord

Nuova escalation delle violenze nelle province di Cabo Delgado e Nampula, dove da otto anni si consuma un conflitto irrisolto a causa dell'insurrezione islamista. L'Onu riferisce di oltre 100.000 nuovi sfollati e di un'emergenza che si sta aggravando

Valerio Palombaro - Città del Vaticano

Il Mozambico desidera la pace. Dal viaggio del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin - che si è concluso ieri dopo sei giorni di visite dalla capitale Maputo alla città settentrionale di Pemba - risuona forte l’appello per la pacificazione del martoriato Paese dell’Africa orientale. Ricco di gas naturale e rubini, il Mozambico rimane invece tra gli ultimi 20 Paesi al mondo nell’Indice di sviluppo umano dell’Onu. E circa due terzi dei 33 milioni di abitanti vivono sotto la soglia di povertà. 


Le risorse naturali

Dopo le violenze seguite al voto dell’ottobre 2024, che hanno portato alla elezione di Daniel Chapo (esponente del Frelimo, il partito sempre al potere sin dall’indipendenza dal Portogallo 50 anni fa), nelle ultime settimane si è registrata una nuova fiammata del conflitto che dal 2017 provoca paura e sfollati nelle province del nord. Le cause di questo problema, come riconosciuto da Parolin, sono “molteplici e complesse”. Il gruppo islamista Al-Shabaab (non legato a quello più noto, attivo in Somalia, ma affiliato al sedicente Stato islamico) semina da anni il panico tra i cristiani del nord del Mozambico perché punta a controllare questi territori tanto fragili quanto ricchi di risorse naturali. Al confine tra la provincia più meridionale della Tanzania, quella di Mtwara, e quella più settentrionale del Mozambico, Cabo Delgado, si trovano infatti alcuni dei più vasti giacimenti di gas naturale. E sempre nel nord del Mozambico si trova la più grande miniera di rubini al mondo, quella di Montepuez, che ospita il 7 per cento delle riserve mondiali di grafite. Queste terre sono dunque epicentro di un conflitto che strumentalizza le questioni religiose a fini economici. Nel mezzo si trovano i cristiani (maggioranza in Mozambico, ma minoranza seppure consistente nel nord), vittima di uccisioni, rapimenti e reiterate violenze con chiese e case date alle fiamme. Ma anche alcune comunità musulmane vengono prese di mira dai terroristi. Da otto anni a questa parte si stima che questo conflitto abbia causato circa 9.000 morti e quasi 1,5 milioni di sfollati.

La guerriglia si espande verso sud

Dall’estremo nord, inoltre, la guerriglia islamista si è estesa spingendosi sempre più a sud. A novembre è stata infatti registrata un’escalation delle violenze nel distretto di Memba, nella provincia di Nampula, circa 80 chilometri a sud di Cabo Delgado. Un distretto dove già si era consumata una tragedia nel 2022, quando i terroristi avevano invaso la missione comboniana di Chipene assassinando la suora italiana Maria de Coppi. E alla fine della scorsa settimana l’Onu ha lanciato un nuovo allarme: gli attacchi prolungati di gruppi armati non statali nella provincia di Nampula stanno provocando uno dei più grandi movimenti di sfollati dall’inizio dell’anno. Secondo l’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha), almeno 107.000 persone sono fuggite dalle loro case nelle ultime settimane, portando a 330.000 il numero degli sfollati solo negli ultimi quattro mesi. "Le persone fuggono perché i loro villaggi vengono attaccati, bruciati e distrutti", ha dichiarato ai giornalisti a Ginevra la responsabile dell’Ocha per il Mozambico, Paula Emerson.

Sfollati più volte

La caratteristica più preoccupante di questa nuova ondata di violenza è il suo carattere prolungato: non più colpi rapidi come nelle prime fasi del conflitto, ma settimane di incursioni che costringono le famiglie a spostarsi più volte. «I bambini arrivano malnutriti, a piedi nudi e soli. Le donne affrontano violenze. Gli anziani sono lasciati indietro. Nel nord del Mozambico lo sfollamento non è una novità ma sta peggiorando», ha avvisato nei giorni scorsi sul profilo X l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr). L’Onu ha ammonito inoltre che le scorte di cibo e i kit sanitari si stanno esaurendo, e che circa il 40 per cento degli sfollati ha ricevuto cibo solo per le prossime due settimane.  Si profila dunque una nuova emergenza ad aggravare una crisi strutturale, segnata dalla distruzione di infrastrutture pubbliche, come scuole, e dall’interruzione dei servizi di base dalla sanità alle forniture idriche. L’insicurezza genera sempre più povertà e abbandono in queste terre dimenticate, dove tuttavia la Chiesa rimane una presenza costante al fianco della popolazione. Il Mozambico, ha assicurato Parolin, è “nel cuore” di Papa Leone XIV e la Chiesa avverte “con forza" l’esigenza di un Paese “più umano e solidale, più prospero e fraterno, in un futuro di pace”.

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11 dicembre 2025, 10:00