Il Papa: condizioni disumane per tanti, uno Stato senza giustizia non è uno Stato
Isabella H. de Carvalho – Città del Vaticano
La realtà di “tanti Paesi e popoli” è che “hanno ‘fame e sete di giustizia’, perché le loro condizioni di vita sono talmente inique e disumane da risultare inaccettabili”. “All’attuale panorama internazionale andrebbero dunque applicate” le “sentenze perennemente valide” di Sant’Agostino, ovvero come “lo Stato, in cui non si ha la giustizia, non è uno Stato”. È un forte appello a esercitare la giustizia a servizio dei più deboli, mettendo al centro la dignità e il diritto delle persone, in un mondo in cui troppi soffrono per discriminazioni e disuguaglianze, quello che Leone XIV rivolge agli operatori di giustizia in occasione del giubileo a loro dedicato, oggi, 20 settembre. L'evento inizia con un breve saluto dell'arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione e il Papa viene accolto da una grande folla di circa 20 mila persone in piazza San Pietro, composta da magistrati, avvocati, rappresentati di associazioni e università e tanti altri da tutto il mondo che lavorano nel “vasto campo della giustizia”. Il Pontefice poi rivolge il suo discorso a tutti i presenti e auspica che le parole “impegnative” del santo che ha ispirato la famiglia religiosa a cui appartiene, scritte nell’opera De civitate Dei, possano essere una guida per creare società più eque: “Senza la giustizia non si può amministrare lo Stato; è impossibile che si abbia il diritto in uno Stato in cui non si ha vera giustizia” e “la giustizia infatti è la virtù che distribuisce a ciascuno il suo. Dunque non è giustizia dell’uomo quella che sottrae l’uomo stesso al Dio vero”.
La giustizia, infatti, è chiamata a svolgere una funzione superiore nell’umana convivenza, che non può essere ridotta alla nuda applicazione della legge o all’operato dei giudici, né limitarsi agli aspetti procedurali.
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La giustizia, strumento-cardine per il bene comune
Il Pontefice sottolinea che la giustizia è “indispensabile sia per l’ordinato sviluppo della società sia come virtù cardinale che ispira e orienta la coscienza di ogni uomo e donna”. Chiarisce che “il desiderio profondo del giusto” presente nel cuore di in ogni persona, “è lo strumento-cardine per edificare il bene comune in ogni società umana”. La giustizia, continua, è innanzitutto una virtù, ovvero “un atteggiamento fermo e stabile” che ordina la condotta “secondo la ragione e la fede”.
La giustizia dispone a rispettare i diritti di ciascuno e a stabilire nelle relazioni umane l’armonia che promuove l’equità nei confronti delle persone e del bene comune, obiettivo che si rende garante di un ordine a tutela del debole, di colui che chiede giustizia perché vittima di oppressione, escluso o ignorato.
“Nella giustizia, infatti, si coniugano la dignità della persona, il suo rapporto con l’altro e la dimensione della comunità fatta di convivenza, strutture e regole comuni”, quindi “una circolarità della relazione sociale che pone al centro il valore di ogni essere umano”, afferma Leone XIV. La giustizia deve garantire questo equilibrio “di fronte alle diverse forme di conflitto che possono sorgere nell’agire individuale, o nella perdita di senso comune che può coinvolgere anche gli apparati e le strutture”.
Mettersi al servizio delle persone e dello Stato
Papa Leone XIV spiega poi che “attraverso i valori posti alla base del vivere sociale, la giustizia assume il suo ruolo centrale per la convivenza delle persone e delle comunità umane” e riconosce che a sollecitare chi lavora in questo campo oggi “è proprio la ricerca o il recupero dei valori dimenticati nella convivenza, la loro cura e il loro rispetto”. Il Pontefice afferma come questo è “un processo utile e doveroso” davanti a “comportamenti e strategie che mostrano disprezzo per la vita umana sin dal suo primo manifestarsi, che negano diritti basilari per l’esistenza personale e non rispettano la coscienza da cui scaturiscono le libertà”. Infatti insiste che per operare la giustizia bisogna “pensare sempre alla luce della verità e della sapienza”, “interpretare la legge andando in profondità”, e “cogliere il senso intimo della verità”. “Tendere verso la giustizia, quindi, richiede di poterla amare come una realtà a cui si può giungere solo se si coniugano l’attenzione costante, il radicale disinteresse e un assiduo discernimento”, prosegue il Papa.
Quando si esercita la giustizia, infatti, ci si pone al servizio delle persone, del popolo e dello Stato, in una dedizione piena e costante. La grandezza della giustizia non diminuisce quando la si esercita nelle cose piccole, ma emerge sempre quando è applicata con fedeltà al diritto e al rispetto per la persona in qualunque parte del mondo si trovi.
Vera uguaglianza per combattere discriminazioni
Per rendere concreta questa giustizia, Leone XIV evidenzia, deve tendere “verso gli altri” in modo che a “ciascuno è reso quanto gli è dovuto, fino a raggiungere l’uguaglianza nella dignità e nelle opportunità fra gli esseri umani”. Il Papa riconosce che “l’effettiva uguaglianza non è quella formale di fronte alla legge” dato che “pur essendo una condizione indispensabile per il corretto esercizio della giustizia, non elimina il fatto che vi sono crescenti discriminazioni che hanno come primo effetto proprio il mancato accesso alla giustizia”. E chiama invece a promuovere società in cui la dignità di ogni individuo può essere valorizzata:
Vera uguaglianza, invece, è la possibilità data a tutti di realizzare le proprie aspirazioni e di vedere i diritti inerenti alla propria dignità garantiti da un sistema di valori comuni e condivisi, capaci di ispirare norme e leggi su cui fondare il funzionamento delle istituzioni.
L’importanza di riparare il male
Il Pontefice poi invita a guardare alla “giustizia evangelica” perché “non distoglie da quella umana, ma la interroga e ridisegna: la provoca ad andare sempre oltre, perché la spinge verso la ricerca della riconciliazione”. Citando vari episodi del Vangelo come la “vedova che induce il giudice a ritrovare il senso del giusto”, l’operaio pagato all’ultima ora, o ancora la parabola del figlio prodigo, Leone XIV evidenzia “la forza del perdono che è propria del comandamento dell’amore” ed emerge “come elemento costitutivo di una giustizia capace di coniugare il soprannaturale all’umano”.
Il male, infatti, non va soltanto sanzionato, ma riparato, e a tale scopo è necessario uno sguardo profondo verso il bene delle persone e il bene comune. Compito arduo, ma non impossibile per chi, cosciente di svolgere un servizio più esigente di altri, si impegna a tenere una condotta di vita irreprensibile.
Cercare una giustizia più grande
Riprendendo infine la beatitudine “beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati”, tratta dal Vangelo di Matteo, il Papa spiega che Gesù ha voluto “esprimere la tensione spirituale a cui è necessario essere aperti, non solo per ottenere una vera giustizia, ma soprattutto per ricercarla da parte di quanti la devono realizzare nelle diverse situazioni storiche”.
Avere “fame e sete” di giustizia equivale a essere consapevoli che essa esige lo sforzo personale per interpretare la legge nella misura più umana possibile, ma soprattutto chiede di tendere a una “sazietà” che può trovare compimento solo in una giustizia più grande, trascendente le situazioni particolari.
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