Cop30, Parolin: dare concretezza agli impegni, il tempo si è fatto breve
Silvonei José Protz – Inviato a Belém (Brasile)
“Il tempo si è fatto breve”. Cita San Paolo, il cardinale Pietro Parolin, per formulare il suo appello sull’urgenza di dare “esecuzione” e “concretezza” agli impegni già presi nelle precedenti Cop sui cambiamenti climatici. Il segretario di Stato è in questi giorni a Belém, capitale dello Stato del Pará (Brasile), per guidare la delegazione della Santa Sede al “Vertice sul Clima” che precede la Cop30, la 30.ma Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in programma dal 10 al 21 novembre. Con i media vaticani il porporato denuncia le proporzioni sempre più allarmanti di questa problematica che causa oggi “più sfollati” dei conflitti. Al contempo, afferma, la riflessione e l’azione sui cambiamenti climatici può essere occasione per rilanciare il multilateralismo che da anni vive “una crisi grossissima”.
Il Papa è preoccupato per le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla vita di milioni di persone, soprattutto i più poveri. Quali devono essere le priorità delle Chiese locali nei diversi contesti mondiali?
Effettivamente, è un fenomeno che coinvolge sempre più persone, naturalmente in senso negativo, e coinvolge le persone più vulnerabili. Abbiamo avuto in questi mesi degli incontri con le autorità delle isole del Pacifico dove ci mettevano di fronte alla realtà tragica di una prossima scomparsa: possiamo prevedere che cosa questo possa significare per la popolazione, no? E, da quello che ho letto, oggi il numero di sfollati è più alto per quanto riguarda i cambiamenti climatici che non per i conflitti che sono in atto nel mondo. Quindi è una situazione davvero di emergenza. La Chiesa si è impegnata a livello di Santa Sede. Abbiamo ricordato il grande contributo che ha dato Papa Francesco con Laudato si’ e poi con Laudate Deum. E naturalmente anche le Chiese locali ci sono allineate su questo impegno. Ho sentito che anche in occasione della Cop30 c'è un grosso impegno da parte della Chiesa in Brasile per cercare di fare scendere a livello delle varie comunità e anche delle persone questa problematica. E poi c'è stata una collaborazione tra le riunioni delle Conferenze (Episcopali) di vari continenti, quindi, c'è un movimento. Io credo che la priorità sia quella di sottolineare soprattutto le dimensioni etiche di questo fenomeno. Evidentemente, noi non possiamo, non abbiamo i mezzi, le competenze, per dare delle risposte che siano risposte tecniche, anche se i nostri esperti a livello di Segreteria di Stato e degli altri Dicasteri seguono questi aspetti e queste dimensioni. Non ci sono sconosciuti e partecipano anche al dialogo, partecipano anche ai negoziati che sono in corso su questi aspetti. Però credo che il contributo fondamentale della Santa Sede e delle Chiese locali sia quello di alzare il livello di consapevolezza e di dare una risposta che sia una risposta etica al problema dei cambiamenti (climatici). Questo evidentemente comporta anche un grosso lavoro di formazione e di educazione.
Lei ha incontrato tanti leader mondiali, ma cosa si può riportare a casa dalle Cop30 come un’azione concreta al livello di Governi?
Mi pare che si insiste proprio su questo. Qualcuno mi ha colpito, questa mattina, dicendo che anche dalla Cop30 non ci si devono attendere o non ci si dovrebbero attendere grandi proclami, ma piuttosto l’impegno e la determinazione da parte dei leader mondiali presenti o rappresentati oggi all’inaugurazione per dare esecuzione agli impegni già presi: per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di carbonio, per quanto riguarda l'aiuto ai Paesi più vulnerabili, per quanto riguarda la resilienza, ecc. Quindi ci sono tanti ambiti, credo che si debba dare concretezza a questi impegni. E poi, direi altre cose fondamentali: la prima cosa è quella che il tempo si è fatto breve. Lo diceva già San Paolo, ma lo diceva riguardo alla nostra vita, qui lo diciamo riguardo alla Cop. Il tempo si è fatto breve, nel senso che la domanda di fondo è proprio che siamo consapevoli che i tempi si fanno sempre più brevi. Quindi l’urgenza è presente, deve esserci questa urgenza. Poi anche la dimensione del multilateralismo: questa dei cambiamenti climatici diventa veramente un’occasione per rilanciare il multilateralismo che ha conosciuto in questi anni una crisi grossissima. Ed allora credo che sono queste le direzioni nelle quali bisogna camminare e lavorare.
In questi giorni ha incontrato una realtà in cui sono coinvolti principalmente i bambini…
Sì siamo stati alla Marituba dove c'è questo bellissimo ospedale fondato dal vescovo Pirovano in cui ha lavorato anche Marcello Candia, e che oggi è affidato ai Poveri Servi della Divina Provvidenza, dell’Opera di Don Calabria. Tra le altre realtà che fanno parte di questa istituzione siamo andati anche nella “Fazenda da Esperança”, che è un bellissimo progetto che riguarda i bambini della zona - une zona che, anche da un punto di vista sociale, è molto a rischio - e che aiuta a educarli ad un approccio diverso, anche al creato. Mi è parso molto bello: ho visto tutte le loro strutture, gli orti che coltivano, la produzione di biogas dai rifiuti… Cose veramente che mi hanno sbalordito e questo lo fanno i bambini, e credo che sia una maniera per aiutare ad uscire da certi ambienti che sono negativi. Ecco, aiutarli invece a collaborare insieme per creare quello che vogliamo tutti: un mondo più giusto, un mondo più sano, un mondo più solidale.
Possiamo cominciare dai bambini?
Sì, sì, possiamo cominciare da loro. Ho incontrato alcuni di loro, mi parevano molto consapevoli di questo. Ecco, questo mi ha fatto anche una bella impressione. Sono stati loro a farmi un po’ da guida in questa visita e vedevo che erano molto consapevoli di quello che era anche la sfida ma anche la possibilità di rispondere a questa sfida a partire dal loro contributo.
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