Il Papa: accogliere nuove voci e culture nell'Europa segnata dagli echi delle guerre
Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano
Ci sono "nuove voci" che si affacciano, nuove storie che bussano alle porte d’Europa, nuove culture che cercano dimora. Da questi "incontri quotidiani" nasce l’invito di Papa Leone XIV: stringere legami che possano ammutolire gli echi delle guerre e restituire al continente il respiro della pace. Questo l'auspicio rivolto oggi, 6 novembre, dal Pontefice ai membri del Comitato Congiunto del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), della Conferenza delle Chiese europee (CEC) e ai rappresentanti delle Chiese cristiane d’Europa, firmatari della Charta Oecumenica. Il documento, sottoscritto ieri nella chiesa del Martirio di San Paolo presso l’Abbazia delle Tre Fontane a Roma, era stato promulgato per la prima volta nel 2001, rappresentando, come hanno ricordato i firmatari, “una pietra miliare della cooperazione ecumenica europea”. Il lungo e accurato processo di revisione, avviato nel 2022, è stato guidato in tutte le sue fasi da un gruppo di lavoro congiunto, la cui delegazione è stata ricevuta questa mattina nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico vaticano.
Evoluzioni e preoccupazioni comuni
Rivedere la Charta, spiega il Papa, si è reso necessario a causa della continua evoluzione delle sfide che i cristiani affrontano nel cammino ecumenico, invitando a osservare con occhi nuovi il contesto europeo e a condividere “preoccupazioni comuni” riguardo l’annuncio del Vangelo.
In effetti, è necessario un discernimento costante e attento per adempiere al grande mandato di fare discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
"Nuove generazioni e nuovi arrivati"
Secondo il Papa, la situazione del cristianesimo in Europa procede a due velocità: da una parte emergono “segni positivi e incoraggianti”, dall’altra, molte comunità cristiane si scoprono “sempre più in minoranza”. Il contesto continentale contempla poi la presenza di “nuove generazioni e nuovi arrivati”, portatori di vicende personali ed "espressioni culturali molto variegate”.
Vi sono quindi molte nuove voci da ascoltare e storie da accogliere attraverso incontri quotidiani e relazioni più strette, senza dimenticare l’urgenza di promuovere il dialogo, la concordia e la fraternità in mezzo al fragore della violenza e della guerra, i cui echi risuonano in tutto il continente.
In tale contesto, “la grazia, la misericordia e la pace del Signore sono davvero essenziali”, poiché solo l’aiuto divino può indicare la via dell’annuncio di Cristo in questi "mutevoli contesti".
“Guardare la storia con gli occhi di Cristo”.
Partendo dalla convinzione comune che Dio parla “al suo popolo santo e attraverso di esso”, la nuova Charta Oecumenica diventa testimonianza viva della disponibilità delle Chiese europee a “guardare alla nostra storia con gli occhi di Cristo”. Sorretti dallo Spirito Santo, aggiunge il Papa, sarà più chiaro comprendere i successi, gli insuccessi e la direzione da intraprendere per annunciare il Vangelo.
La Charta non solo propone dei metodi, ma insiste anche sulla necessità di compagni di viaggio e di possibili cammini da percorrere. Facendo ciò, restiamo sempre aperti alle ispirazioni e alle sorprese dello Spirito Santo!
Ecumenismo e sinodalità
“Il cammino della sinodalità, che la Chiesa Cattolica sta percorrendo, è e deve essere ecumenico, così come il cammino ecumenico è sinodale”, affermava Papa Francesco, e a tal proposito la Charta Oecumenica concretizza il sentiero "comune” intrapreso dai cristiani di diverse tradizioni in Europa, capaci di ascolto reciproco e discernimento comune. Tra i punti più significativi della revisione, Leone XIV sottolinea la “visione condivisa” sulle sfide contemporanee e sulle priorità per il futuro del continente, nella convinzione della “perenne attualità” del messaggio evangelico.
In un certo senso, si può descrivere questo come uno sforzo sinodale di camminare insieme.
Il viaggio in Turchia e il Giubileo
Il Papa ricorda infine il prossimo viaggio apostolico in Turchia, nei luoghi del Concilio Ecumenico di Nicea, dove incontrerà e pregherà con i capi delle Chiese e i responsabili delle Comunioni cristiane “celebrando insieme Gesù Cristo come nostro Signore e Salvatore”. Concludendo, esprime l'augurio che, nel Giubileo in corso, si possa proclamare a tutti i popoli d’Europa che “Gesù Cristo è la nostra speranza”, poiché Egli è al tempo stesso "il cammino" che seguiamo e la "meta ultima" del nostro pellegrinaggio spirituale.
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