Cop30, il nunzio in Brasile: la Santa Sede attenta alla tutela della persona e del creato
Vatican News
"Un chiaro e rinnovato impegno al multilateralismo" per tornare a dialogare e affrontare con "apertura, fiducia e collaborazione le attuali problematiche globali", inclusa quella del mutamento climatico, del quale a farne le spese sono le persone più vulnerabili. È questo ciò che il nunzio apostolico in Brasile, monsignor Giambattista Diquattro, auspica possa essere il frutto della Cop30, la trentesima Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che oggi, 21 novembre, si avvia verso la conclusione dei lavori nella città di Belém. Il presule è il vice capo delegazione della Santa Sede che, guidata dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, ha partecipato al summit. E proprio del contributo della Santa Sede, volto alla tutela del creato e della persona "nella sua dignità donata da Dio", parla Diquattro nella intervista con i media vaticani presenti a Belém.
Eccellenza, la Santa Sede è presente alla Cop30 di Belém con una Delegazione ufficiale di dieci persone. Abbiamo già avuto la presenza del segretario di Stato Parolin che ha portato un forte messaggio del Papa e poi si è rivolto alla Conferenza lanciando l'appello a impegnarci ad affrontare, senza esitazione, la sfida del cambiamento climatico. Come si sta svolgendo la partecipazione della Delegazione della Santa Sede a questa Cop30?
È anzitutto significativo osservare come la Delegazione della Santa Sede, guidata dal cardinale Parolin, sia arricchita dalla presenza di membri provenienti da diverse istituzioni della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano: la Segreteria di Stato, il Dicastero per la Cultura e l’Educazione, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, il Dicastero per la Comunicazione, il Governatorato, la Nunziatura Apostolica insieme a un esperto locale. La collaborazione dei diversi membri della nostra Delegazione si concretizza anche negli incontri che la Delegazione realizza non soltanto con gli Stati qui convenuti, ma anche con altri attori non governativi, inclusi alcuni della Chiesa cattolica, tra cui i 9 cardinali e 36 presuli, che a Belém testimoniano un'ampia comunione.
Quali contributi ha apportato la Santa Sede ai dibattiti finora?
La Santa Sede offre al dibattito sul clima soprattutto un contributo etico e un messaggio di solidarietà umana, fondati sul Magistero della Chiesa, poiché la crisi climatica non costituisce unicamente un problema tecnico, bensì anche morale. Siamo chiamati ad essere custodi dei nostri fratelli, e in quel contesto nasce una responsabilità morale anche per il creato. Perciò la Santa Sede sta contribuendo ai negoziati richiamando alla centralità della dignità della persona umana conferita da Dio. In ogni tavolo negoziale, questo approccio si manifesta attraverso un invito rispettoso, costante e convinto a considerare con priorità il "volto umano della crisi climatica" come lo ha definito il Santo Padre nel suo Messaggio per il recente Summit. Il Messaggio ricorda che dietro le dinamiche tecniche, le sigle e gli acronimi tipici dei negoziati ONU vi sono persone e soprattutto comunità innocenti che soffrono gli effetti della crisi ambientale.
In questi tempi segnati da tragici conflitti, la Santa Sede evidenzia inoltre che la cura del creato e la ricerca della pace sono inseparabili, e che guerre e distruzione della natura si alimentano reciprocamente. Cito di nuovo il Messaggio di Papa Leone XIV: “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato. C’è un chiaro legame tra la costruzione di pace e la gestione del creato: «La ricerca della pace da parte di tutti gli uomini di buona volontà sarà senz’altro facilitata dal comune riconoscimento del rapporto inscindibile che esiste tra Dio, gli esseri umani e l’intero creato».” Con tale riflessione, e in riferimento al negoziato sulla "transizione giusta", la Santa Sede è intervenuta per ribadire che i progressi conseguiti alla Cop28 non devono essere indeboliti, incluso il fondamentale impegno a transitare dai combustibili fossili, ma devono coesistere con un'attenzione particolare verso coloro che sono maggiormente colpiti dai cambiamenti climatici e dalle risposte ad essi.
La Santa Sede inoltre sottolinea l’importanza di meccanismi finanziari più equi, perché le popolazioni più povere risultano le più vulnerabili al mutamento climatico, divenendo le prime vittime. Un'autentica solidarietà deve animare quei meccanismi di finanziamento basati sulla fraternità. In questa prospettiva, e particolarmente in questo anno giubilare, la Santa Sede ricorda che la cancellazione – e non semplicemente il condono – del debito sovrano, connesso con il debito ecologico, rappresenta una misura necessaria per sostenere i Paesi più colpiti. Non si tratta solo di una proposta di natura etica, ma di un rafforzamento concreto delle politiche indispensabili per realizzare un'autentica "transizione giusta".
La Santa Sede partecipa anche ai negoziati su un nuovo Gender Action Plan. Lo fa nella consapevolezza che le donne e le ragazze sono colpite in modo sproporzionato dal cambiamento climatico, in particolare nel Sud del mondo, e che esse svolgono un ruolo importante nell’affrontarne le conseguenze. Questo aspetto centrale su cui bisognerebbe concentrare le forze di tutte le Delegazioni, non dovrebbe sfuggire mai nel processo negoziale del Gender Action Plan. Eppure ci sono dei tentativi di utilizzare linguaggi e concetti non consensuali o controversi che inevitabilmente vanno a discapito dell’avanzamento dei lavori. Pensiamo ad esempio all’inserimento nel testo dei diritti sessuali e riproduttivi, che includono l’aborto, che la Santa Sede non può in alcun modo accettare. Si tratta di fatto di uno sviamento dal vero tema in discussione, come la partecipazione delle donne nei processi decisionali e negoziali, la promozione dell’educazione - pensiamo ad esempio ai mezzi di comunicazione -, il supporto dei Paesi sviluppati ai Paesi in via di sviluppo anche in ambito Gender Action Plan. Molte donne, soprattutto nel Sud del mondo, possono beneficiare di quanto il Piano d’Azione prevede ed è questo l’obiettivo a cui bisognerebbe guardare con spirito costruttivo e in buona fede, mettendo da parte interessi egoistici.
Vorrei inoltre ricordare che la Santa Sede si adopera per rispondere agli impegni assunti con l'adesione alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici e all'Accordo di Parigi. È noto che le emissioni climalteranti dello Stato della Città del Vaticano risultano infinitesimali a livello globale; ciononostante, lo Stato della Città del Vaticano investe in cospicui progetti di riduzione delle emissioni, così come si attiva con determinazione in iniziative di educazione all'ecologia integrale che, oltre alla mitigazione dei gas serra, portino benefici etici e sociali.
Quali obiettivi auspica la Santa Sede per questo evento dedicato al clima?
Anzitutto, l'auspicio è che dalla Cop30 emerga un chiaro e rinnovato impegno al multilateralismo, piattaforma e dinamica essenziale per dialogare, vagliare e affrontare con stile di apertura, fiducia e collaborazione le attuali problematiche globali, inclusa quella del mutamento climatico. Sono criticità che non conoscono frontiere e che richiedono il contributo serio e responsabile di tutti: dei Governi e di altri attori non governativi qui convenuti – società civile, comunità scientifica, autorità locali, mondo imprenditoriale.
Altro risultato auspicabile sarebbe che la Cop30 confermi l'impegno già adottato a Dubai nel 2023 di proseguire il percorso diretto al conseguimento dell'obiettivo dell'Accordo di Parigi, ossia limitare l'aumento della temperatura media globale a 1.5°C rispetto al periodo pre-industriale. Questo significa accelerare attività volte a migliorare l'efficienza energetica, l'utilizzo di energie a basso consumo di carbonio, le azioni di riforestazione. Si tratta di iniziative che devono porre al centro il creato: persone e ambiente, non soltanto l'economia, senza trascurare ovviamente una maggiore attenzione all'adattamento e all'educazione. La Santa Sede inoltre insiste affinché all'interno della Cop vi sia un'attenzione crescente per l'educazione all'"ecologia integrale", vale a dire ad un modo di vivere e di pensare che saggiamente coniughi ambiente, società ed economia. La Santa Sede lavora con le altre Parti perché questo approccio sia sempre più presente nei differenti tavoli del negoziato della Cop, inclusi i piani climatici nazionali. Implementare programmi educativi e progetti di ricerca ispirati all'ecologia integrale non solo promuove una cultura della cura e della responsabilità, ma costituisce un modo per dialogare con le comunità locali e la società civile.
La Santa Sede è sempre attenta alla tutela delle persone e del creato. È difficile difendere questi diritti in un incontro così eterogeneo, con culture e pensieri diversi?
Quanto emerge da intensi giorni di negoziati richiede di essere vagliato alla luce della virtù della prudenza, pur non potendo trascurare spunti positivi, specialmente in quel dialogo che va oltre una mera cornice tecnico-scientifica – la quale risulta fondamentale – e necessita di essere sostenuto da un cambio di paradigma. Difendere la persona e il creato costituisce una sfida, soprattutto in un contesto come la Cop, dove si incontrano culture, interessi e visioni differenti. La Santa Sede desidera ricordare che ogni scelta ambientale deve svolgersi nel progetto del Creatore per l'essere umano e quindi per la sua dignità, la sua libertà e il suo sviluppo integrale. Le politiche sul clima non sono soltanto questioni tecniche o economiche: toccano la vita concreta dei nostri fratelli più poveri, che spesso pagano il prezzo più alto della crisi climatica.
Il Vangelo ci dice: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9). Questo vale anche nell'agorà internazionale: costruire ponti tra posizioni diverse, cercare intese possibili e mantenere il rispetto reciproco rappresenta un modo concreto di essere operatori di pace. La Santa Sede si impegna a portare in questi spazi una voce che unisca e che richiami alla responsabilità comune. È un compito arduo e affascinante: costituisce la missione della Chiesa. Papa Francesco, nell'enciclica Fratelli Tutti, evocava le parole di San Giovanni Paolo II: "Dio ha dato la terra a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno".
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